SHIP2SHORE – Unicredit e Intesa restie a cedere i crediti incagliati dello shipping italiano
L’avv. Michele Autuori (Watson Farley & Williams) all’ultima edizione di Shipping and the Law ha offerto una panoramica sui crediti incagliati delle società armatoriali alla luce delle ultime modifiche normative
Napoli – Nonostante la quasi totalità delle imprese armatoriali si trovino (o si siano trovate recentemente) coinvolte in procedure di ristrutturazione del debito, il rapporto fra banche italiane e shipping company sembra rimanere ben saldo.
Questo si evince in primis dai fatti (negli ultimi anni le navi vendute con procedure forzose erano state finanziate soprattutto da banche estere) ma lo conferma anche il punto di vista di Watson Farley & Williams, uno degli studi legali internazionali maggiormente coinvolti in diverse ristrutturazioni del settore grazie al team di shipping guidato dall’avvocato Furio Samela.
Al convegno Shipping and the Law tenutosi a Napoli, Michele Autuori, senior associate dello studio Watson Farley & Williams, ha offerto un’interessante panoramica sui Non Performing Loan (NPL) in Italia (il cui valore complessivo è stimato in circa 350 miliardi di euro), con uno specifico focus sul mercato dello shipping, e sulle modalità di cessione degli NPL anche alla luce delle recenti novità/modifiche legislative apportate dal Decreto Legge 18/2016 convertito (con modificazioni) dalla Legge 49/2016 e dal Decreto Legge 59/2016 convertito (con modificazioni) dalla Legge 119/2016. La prima novità legislativa riguarda l’introduzione di una garanzia statale (temporanea) denominata “Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze” che può essere concessa nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, di cui all’articolo 1 della Legge 130/1999, di NPL classificati come “sofferenze”. Inoltre, sono state apportate modifiche in materia di procedure di espropriazione forzata e di fallimento al fine di velocizzarne l’esito ed è stata introdotta una nuova forma di diritto reale di garanzia, denominata “pegno mobiliare non possessorio” unitamente al cosiddetto “patto marciano”, che per i finanziamenti garantiti da bene immobile, consente che questo, al verificarsi di determinate condizioni, passi nella proprietà del creditore in caso di inadempimento del mutuatario alle obbligazioni del contratto di finanziamento.
“Un’ampia maggioranza delle società di shipping in Italia, fatta eccezione per pochi armatori, è in ristrutturazione” ha sottolineato Autuori aggiungendo che i primi due istituti di credito italiani, Unicredit e Intesa Sanpaolo, controllano la fetta più importante (praticamente il 50%, ndr) dell’esposizione finanziaria complessiva con quasi 7 miliardi di euro di impieghi. A seguire c’è Monte dei Paschi di Siena con 1 miliardo e le varie banche popolari oltre a Interbanca a spartirsi il resto. Dei circa 13 miliardi di euro di esposizione finanziaria delle banche verso lo shipping circa 10 miliardi oggi sono crediti incagliati.
“Unicredit e Intesa sono state finora riluttanti a cedere a prezzi molto scontati i propri crediti nel settore armatoriale” ha proseguito il legale dello studio Watson Farley & Williams, puntualizzando inoltre che invece “gli hedge fund normalmente applicano uno sconto in media del 40% sul valore di libro dei crediti che intendono acquistare”. Per questo i due soggetti si trovano spesso su posizioni distanti nella valutazione dei crediti.
Spesso ma non sempre, perché alcuni investitori hanno scelto di rilevare questi crediti e tra questi ci sono Goldman Sachs (per 206 milioni di dollari), Deutsche Bank (193 milioni), Bank of America Merrill Lynch (3,8 milioni) e Pillarstone Italy (281 milioni). Alcuni di loro hanno successivamente sperimentato anche i rischi di default di alcune società e le grandi difficoltà riscontrate quando hanno tentato di recuperare i propri crediti. Ciò nonostante ci sono stati in passato, e in alcuni casi ci sono ancora, molti fondi d’investimento interessati ai molti crediti incagliati dello shipping italiano.
Nicola Capuzzo
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