Confitarma a colloquio con CDP per finanziare lo shipping italiano
Mattioli ha rivelato che sono stati avviati i primi contatti finalizzati a creare un sistema nel quale possano cooperare investitori pubblici e armatori.
Mattioli ha rivelato che sono stati avviati i primi contatti finalizzati a creare un sistema nel quale possano cooperare investitori pubblici e armatori.
Roma – Il gruppo d’Amico Società di Navigazione, a poco più di un anno di distanza dal burrascoso addio alla Confederazione italiana degli armatori (Confitarma), è pronto a tornare sui suoi passi. Secondo quanto risulta infatti a Ship2Shore il gruppo armatoriale romano controllato dai cugini Paolo e Cesare d’Amico avrebbe già spedito all’indirizzo dell’associazione presieduta da Mario Mattioli la propria ‘richiesta di rientro’ che sarà all’ordine del giorno del prossimo consiglio direttivo previsto per il prossimo 25 ottobre a Roma. Se, com’è probabile, gli associati voteranno favorevolmente, i d’Amico, che nel frattempo non hanno trasferito la propria flotta sotto le insegne della neonata associazione concorrente AssArmatori aderente a Confcommercio, torneranno a far parte di Confitarma.
A margine del convegno Shipping and the Law organizzato a Napoli dallo Studio Legale Lauro, Mario Mattioli, presidente della confederazione degli armatori, non ha smentito la notizia che dal Gruppo d’Amico sia pervenuta questa richiesta di rientro e si è limitato a commentare questa indiscrezione ricordando che uno degli obiettivi del suo mandato era quello, “da un lato di dialogare con AssArmatori, dall’altro cercare di riportare all’interno di Confitarma che eri fuoriuscito pur non trasferendo la propria azienda in un’altra associazione”.
Al netto dunque di questo imminente rientro, la confederazione confindustriale degli armatori ha perso l’anno scorso il Gruppo Messina, Italia Marittima e Grandi Navi Veloci passate nelle fila di AssArmatori.
13 ottobre 2017
Il nuovo presidente della Confederazione chiede di mettere da parte gli interessi personali e apre a tutti i fuoriusciti a patto che si ragioni sulla mission condivisa di mantenere competitiva la bandiera italiana.
Napoli – La Confederazione Italiana Armatori da pochi giorni ha un nuovo presidente che risponde al nome di Mario Mattioli, vertice del gruppo napoletano Cafima cui fanno capo tre società attive nel rimorchio portuale (Capieci), nell’offshore (Augusta Offshore) e nel trasporto di gas liquefatto (Synergas). Mattioli succede a Emanuele Grimaldi (gruppo Grimaldi) e avrà al suo fianco Giacomo Gavarone (Rimorchiatori Riuniti) come vertice del Gruppo Giovani di Confitarma. In questa intervista, concessa a margine del convegno Shipping and the Law organizzato a Napoli dallo Studio Legale Lauro, il nuovo numero uno di Confitarma traccia la rotta lungo la quale navigherà l’associazione da lui presieduta nei prossimi anni.
Presidente lei ha subito messo in chiaro che il Registro Internazionale non si tocca. Però con la nuova Legge europea attualmente al vaglio del parlamento e la legge Cociancich in attesa di approvazione da Bruxelles alcuni cambiamenti nelle regole per l’armamento italiano inevitabilmente ci saranno. Lei che scenario si aspetta?
“Intanto aspettiamo di vedere cosa dice l’Europa sul cosiddetto emendamento Cociancich. Tutti ricordiamo come questo emendamento è stato approvato e si tratta di un provvedimento che in prima istanza minava totalmente l’essenza del Registro Internazionale. Poi è stato ridotto nei suoi effetti tanto che qualcuno ora la chiama la norma anti-Grimaldi, mentre non incide sulle navi che operano a livello internazionale.
Per quanto riguarda l’allargamento della Tonnage tax italiana alle altre bandiere comunitarie, questo ci consente di mantenere quello che prevede il Registro Internazionale, anzi è un rafforzamento dal punto di vista europeo, e dare competitività alla flotta europea riducendo i gap di competitività rispetto ad altre bandiere estere.”
Oggi in Italia l’armatore più importante è la finanza, se si guarda al ruolo crescente di soggetti come Pillarstone e Deutsche Bank. Come si rapporterà Confitarma con questi nuovi attori che stanno progressivamente acquisendo crediti in sofferenza di diverse società armatoriali italiane?
“Sicuramente i tavoli di dialogo instaurati con l’Abi e le banche sono molto importanti ma ancora più fondamentale è il rapporto che abbiamo poi con i singoli istituti di credito. Confitarma rappresenta un cluster marittimo, ma non tutto l’armamento, e non possiamo automaticamente vincolare a un determinato comportamento tutte le società. Allo stesso modo l’Abi ha evidentemente qualche difficoltà in questo senso. Possiamo sicuramente agire con una moral suasion per cercare di fare massa critica e portare il rapporto con le banche verso un bene comune. Però non possiamo vincolare gli associati, né noi né Abi né Confindustria né altre associazioni di categoria.”
Rispetto all’estero l’Italia è stata tratta meglio dal mondo bancario, è d’accordo?
“Nel nostro paese in quest’ultimo decennio di crisi tutto sommato l’aggressività del sistema bancario e finanziario è stata inferiore rispetto ad altre realtà estere. In Germania piuttosto che in Inghilterra quando la banche hanno preso una decisione (di vendere l’asset finanziato, ndr) in maniera prammatica quella decisione è stata applicata.”
Però le banche italiane nell’ultimo biennio hanno dismesso molti pacchetti di crediti in sofferenza…
“Nell’ultimo biennio significa due anni su nove di crisi che abbiamo vissuto. Recentemente Confitarma ha preso una posizione abbastanza netta su una vicenda specifica (quella di Pillarstone che aveva promosso istanza di fallimento per Rbd Armatori, ndr) ma per la ratio che sottostava a questa operazione. Per i tempi e per le modalità d’acquisto del credito, con conseguente azione in completa antitesi con quello che era stato concordato con l’Abi. Se una banca vende il suo credito per risanare l’azienda è un conto, altrimenti non possiamo stare zitti. Dobbiamo però anche considerare che essendo completamente cambiato il paradigma della finanza nel mondo shipping e dovendo comunque le società armatoriali stare su un mercato che per definizione è molto capital-intensive, bisogna guardare con minore sospetto e maggiore favore verso l’ingresso di capitale leggermente diverso a quello cui eravamo abituati prima.”
Non crede che questo possa anche rappresentare un salto di qualità?
“È un fattore nuovo ma che può aiutare a crescere l’azienda e aiutare nella concentrazione. Piccolo in Italia oggi probabilmente non è più tanto bello ed è necessario essere un più grandi e specializzati per cercare di fare integrazioni verticali e non soltanto orizzontali. Questa credo possa essere anche un’opportunità importante per il sistema se vuole crescere e deve essere un cambio culturale per l’imprenditore, che a sua volta deve capire quanto è molto più importante fare un set-up di governance piuttosto che essere al telefonino per noleggiare una nave o portarla a riparare.”
Confida di riuscire a far rientrare i d’Amico in Confitarma?
“È la mia massima speranza. Il Gruppo d’Amico è di straordinaria importanza per lo shipping in Italia e non solo. In passato sia Paolo che Cesare d’Amico sono stati e spero che torneranno a essere parte della squadra di comando della Confederazione. La loro esclusione dall’ultimo Consiglio direttivo è stato un miserabile ed esecrabile errore, però gli errori nella vita si possono fare. Poi bisogna capire quanto gli errori sono voluti, ed eventualmente da quale parte sono voluti, e quanto invece sono casuali. Le porte sono parte a tutti, anche a chi è uscito in tempi precedenti e non è un fuoriuscito dell’ultima ora. È associato a Confitarma circa il 70% della flotta mercantile italiana e abbiamo un ruolo importante per tutto quanto il mondo dello shipping.”
Proverà a dialogare con Aponte e con Onorato che sono ormai parte di Conftrasporto (Confcommercio)?
“Sarei la persona più felice del mondo appena sarà possibile avere un dialogo vero con loro, che significa un dialogo basato sulla mission di un’associazione che non dev’essere confuso con la mission di un’azienda. Non è possibile che se all’interno di un’associazione ci sono dei competitor io esco e mi fondo un’altra associazione perché non voglio avere a che fare con l’altro. L’obiettivo di Confitarma è quello di creare delle condizioni affinché le imprese italiane possano continuare a essere competitive sul mercato con la bandiera italiana. Su questi presupposti io sono disposto a parlare con tutti. Con chi c’è, con chi c’era, con chi se n’è andato prima ma sempre sulla base del rispetto reciproco.”
Nicola Capuzzo
L’avv. Michele Autuori (Watson Farley & Williams) all’ultima edizione di Shipping and the Law ha offerto una panoramica sui crediti incagliati delle società armatoriali alla luce delle ultime modifiche normative
Napoli – Nonostante la quasi totalità delle imprese armatoriali si trovino (o si siano trovate recentemente) coinvolte in procedure di ristrutturazione del debito, il rapporto fra banche italiane e shipping company sembra rimanere ben saldo.
Questo si evince in primis dai fatti (negli ultimi anni le navi vendute con procedure forzose erano state finanziate soprattutto da banche estere) ma lo conferma anche il punto di vista di Watson Farley & Williams, uno degli studi legali internazionali maggiormente coinvolti in diverse ristrutturazioni del settore grazie al team di shipping guidato dall’avvocato Furio Samela.
Al convegno Shipping and the Law tenutosi a Napoli, Michele Autuori, senior associate dello studio Watson Farley & Williams, ha offerto un’interessante panoramica sui Non Performing Loan (NPL) in Italia (il cui valore complessivo è stimato in circa 350 miliardi di euro), con uno specifico focus sul mercato dello shipping, e sulle modalità di cessione degli NPL anche alla luce delle recenti novità/modifiche legislative apportate dal Decreto Legge 18/2016 convertito (con modificazioni) dalla Legge 49/2016 e dal Decreto Legge 59/2016 convertito (con modificazioni) dalla Legge 119/2016. La prima novità legislativa riguarda l’introduzione di una garanzia statale (temporanea) denominata “Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze” che può essere concessa nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, di cui all’articolo 1 della Legge 130/1999, di NPL classificati come “sofferenze”. Inoltre, sono state apportate modifiche in materia di procedure di espropriazione forzata e di fallimento al fine di velocizzarne l’esito ed è stata introdotta una nuova forma di diritto reale di garanzia, denominata “pegno mobiliare non possessorio” unitamente al cosiddetto “patto marciano”, che per i finanziamenti garantiti da bene immobile, consente che questo, al verificarsi di determinate condizioni, passi nella proprietà del creditore in caso di inadempimento del mutuatario alle obbligazioni del contratto di finanziamento.
“Un’ampia maggioranza delle società di shipping in Italia, fatta eccezione per pochi armatori, è in ristrutturazione” ha sottolineato Autuori aggiungendo che i primi due istituti di credito italiani, Unicredit e Intesa Sanpaolo, controllano la fetta più importante (praticamente il 50%, ndr) dell’esposizione finanziaria complessiva con quasi 7 miliardi di euro di impieghi. A seguire c’è Monte dei Paschi di Siena con 1 miliardo e le varie banche popolari oltre a Interbanca a spartirsi il resto. Dei circa 13 miliardi di euro di esposizione finanziaria delle banche verso lo shipping circa 10 miliardi oggi sono crediti incagliati.
“Unicredit e Intesa sono state finora riluttanti a cedere a prezzi molto scontati i propri crediti nel settore armatoriale” ha proseguito il legale dello studio Watson Farley & Williams, puntualizzando inoltre che invece “gli hedge fund normalmente applicano uno sconto in media del 40% sul valore di libro dei crediti che intendono acquistare”. Per questo i due soggetti si trovano spesso su posizioni distanti nella valutazione dei crediti.
Spesso ma non sempre, perché alcuni investitori hanno scelto di rilevare questi crediti e tra questi ci sono Goldman Sachs (per 206 milioni di dollari), Deutsche Bank (193 milioni), Bank of America Merrill Lynch (3,8 milioni) e Pillarstone Italy (281 milioni). Alcuni di loro hanno successivamente sperimentato anche i rischi di default di alcune società e le grandi difficoltà riscontrate quando hanno tentato di recuperare i propri crediti. Ciò nonostante ci sono stati in passato, e in alcuni casi ci sono ancora, molti fondi d’investimento interessati ai molti crediti incagliati dello shipping italiano.
Nicola Capuzzo
Secondo l’analisi del mercato shipping presentata da banchero costa a Shipping and the Law nel dry invece il rapporto navi nuove/demolite è più equilibrato anche se le rate di nol rimangono piuttosto basse
Napoli – Come molti addetti ai lavori si aspettavano, il mercato del trasporto marittimo di rinfuse liquide sembra fare nuovamente rotta verso acque agitate. Lo si evince dai dati presentati da Enrico Paglia, research manager della società di brokeraggio navale banchero costa, intervenuto al convegno Shipping and the Law di Napoli per offrire una panoramica sul futuro a medio-breve termine dello shipping mondiale.
A proposito delle navi petroliere Paglia ha evidenziato ad esempio che le nuove costruzioni previste entrare sul mercato nel corso del 2016 saranno pari a 32 milioni di tonnellate di portata lorda, il triplo rispetto ai livelli del 2015. Un valore “terribilmente vicino ai livelli registrati negli anni 2009, 2010 e 2011” ha aggiunto l’analista di banchero costa, aggiungendo inoltre che anche “il 2017 sarà un altro esercizio contraddistinto da un elevato numero di nuove consegne”.
Più precisamente, al 30 settembre scorso la differenza fra navi nuove e demolite faceva registrare 36 Aframax in più sul mercato (pari a un’offerta di stiva aggiuntiva di 4,08 milioni di tpl), 19 Suezmax (+3 milioni di tpl) e 35 VLCC (+10,619 milioni di tpl). Negli ultimi sei mesi le rate di nolo giornaliere (time charter a 1 anno) delle petroliere sono scese molto passando dai quasi 55.000 dollari di marzo agli attuali 35.000 per le VLCC, da 38.000 a 22.000 le Suezmax e da 30.000 a 17.000 circa le Aframax.
Anche per le navi cisterna i noli sono in costante calo da un anno a questa parte: da settembre 2015 a settembre 2016 le rate giornaliere delle navi Long Range 2 sono scese da 28.000 a 16.000 dollari, le Long Range 1 da 26.000 a 14.000 dollari e le Medium Range 2 da 19.000 a 13.000 dollari. Anche per questo segmento d’attività la spinta al ribasso sulle tariffe di trasporto marittimo proviene dall’eccesso di offerta di stiva disponibile. Lo schema intitolato ‘Product tanker – Fleet growth 2016’ proiettato da Paglia spiega infatti che nel periodo gennaio – settembre 2016 il rapporto fra newbuilding e unità demolite ha visto crescere le navi MR1 di 12 unità (pari a un’offerta di stiva aggiuntiva di 439 tonnellate di portata lorda), 78 in più sono le MR2 (+3,89 milioni di tpl) e 12 le LR1 (+0,89 milioni di tpl). “Prima del 2004 le consegne annuali di nuove costruzioni di navi cisterna non superavano i 5 milioni di tonnellate di portata lorda, dal 2004 al 2011 la media è stata di 12 milioni di tonnellate ogni anno, nel triennio 2012 – 2014 era sceso a 6,3 milioni di tonnellate annue e nel 2016 sono attesi sul mercato nuove navi cisterna per complessivi 14,4 milioni di tonnellate (37% LR2 e 40% MR2)” ha spiegato ancora l’analista di banchero costa.
Nel dry bulk invece, dopo i minimi storici toccati lo scorso marzo, il mercato ha mostrato timidi ma progressivi segnali di ripresa con le rate di nolo time charter a 1 anno delle bulk carrier risalite per le Capesize da 5.000 a quasi 10.000 dollari, per le Panamax da 5.000 a 8.000 dollari e per le Supramax da 4.000 a 7.000 dollari giornalieri. Per quanto riguarda la differenza fra navi demolite e nuove costruzioni consegnate nei primi nove mesi di quest’anno le statistiche dicono che sul mercato ci sono 24 Handysize in più (pari a ulteriori 1,46 milioni di tonnellate di portata lorda sul mercato), 96 Supramax (+6,94 milioni tpl), 15 Panamax in meno (-0,27 milioni di tpl), 10 Post-Panamax in più (+0,934 milioni di tpl), 11 ulteriori Capesize (+3,71 milioni di tpl) e 2 VLOC in meno (-0,29 milioni di tpl).
Nella sua relazione Paglia ha messo in evidenza il fatto che “fino al 2008 venivano consegnate ogni anno nuove navi per massimo 25 milioni di tpl, mentre nel 2011 e nel 2012 si è raggiunta la soglia dei 100 milioni di tpl. Dal 2014 il trend è tornato intorno a quota 45-50 milioni di tpl e lo stesso ci si aspetta sia nel 2016 che nel 2017 assumendo un tasso di slittamento in avanti della nuove consegne pari al 35%”.
In questo scenario la buona notizia per gli armatori che guardano al lungo termine è rappresentata dal fatto che il consumo di energia è previsto in crescita del 35% fra il 2014 e il 2035, anche se larga parte di questo aumento sarà ascrivibile allo sviluppo dell’energie rinnovabili il cui trasporto non offre impiego alle navi.
Nicola Capuzzo
Link: http://www.ship2shore.it/it/shipping/le-nuove-costruzioni-rischiano-nuovamente-di-zavorrare-il-liquid-bulk_62700.htm
Napoli – Diavolo di un Avv. Lauro, che ogni volta riesce ad alzare l’asticella di un livello!
La settima conferenza Shipping & Law continua infatti a percorrere il sentiero del successo intrapreso fin dall’inizio di questo evento nel 2010, allora in punta di piedi, ma oggi capace di farsi largo tra gli appuntamenti di settore che contano.
Meglio ancora dell’affermato MareForum, persino più stimolante dell’assemblea annuale di Confitarma – e forse non è un caso che questa edizione 2016 sia stata ambiziosamente calendarizzata proprio il giorno successivo del conclave della confederazione armatoriale a Roma – tanto da richiamare la partecipazione di parecchi attori protagonisti dell’armamento (non solo italiano).
Sempre più importanti speakers e sempre più numerosi partecipanti hanno risposto positivamente all’appello del legale marittimista partenopeo, grande comunicatore e uomo di pubbliche relazioni che è stato in grado di creare from scratch una kermesse attesa come e forse di più di eventi istituzionali e appuntamenti storici dello shipping e dintorni.
Oltre 200 tra armatori, avvocati marittimisti, banchieri, gestori di fondi di investimento, broker e altri operatori del settore marittimo provenienti da tutto il mondo si sono inerpicati in collina all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli per l’appuntamento annuale organizzato dallo Studio Legale Lauro, articolato su due giornate.
Con la rara abilità di riuscire a stupire ogni anno i propri ospiti, scovando una location sempre diversa e inedita – quest’anno è toccato alla chiesa sconsacrata presso l’Università partenopea – Francesco Saverio Lauro mette insieme ‘sacro e profano’, radunando big players dello shipping nazionale e internazionale ma anche rappresentanti associativi e istituzionali al massimo livello.
Peccato che, come fatalmente accade, spesso la montagna partorisca il classico topolino e – come già constatato per precedenti edizioni, ma anche in congressi di analoga fattura – non sempre mettere in campo un ‘undici’ (con parecchie riserve invero) di fuoriclasse permette di vincere il campionato a mani basse, e ciò capita anche a livello di conferenze: troppa carne al fuoco può bruciacchiare se i tempi di cottura si allungano fatalmente perché il cuoco troppo pietoso non sa tirare il collo ai suoi oratori…dejà vu!
La due giorni di discussioni ad alto livello tra stakeholders del mercato marittimo aveva connotati ben definiti, come inteso dal suo inventore in apertura. “Quest’anno trattiamo nuovi temi: l’uso dei big data nello shipping, si tenta di delineare uno stato dell’arte dei mercati petroliferi, vi sarà una simulazione di arbitrato e mediazione interpretata da alcuni tra i più famosi arbitri, avvocati e mediatori internazionali” ha esordito Lauro, autentico innamorato della sua città, che infatti ha confessato: “Un altro obiettivo collaterale di Shipping & the Law è mettere in luce per gli ospiti le parti più suggestive di Napoli: quest’anno è la volta del bellissimo complesso monastico di Suor Orsola Benincasa, oggi adibito ad uso universitario, di cui grazie al rettore Lucio D’Alessandro la manifestazione è ospite; e della scenografica Certosa di San Martino, in cui si svolge la serata di gala”. Alla quale, per inciso, era prescritta la ‘famigerata’ (per molti astanti) black tie, quasi a rammentare lo stile british che l’avvocato napoletano – assiduo frequentatore professionale di Londra – cerca di importare anche in Italia, cominciando proprio dal fare indossare lo smoking ad armatori e non solo.
La conferenza è stata introdotta dalle relazioni d’apertura del segretario emerito dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) Efthimios E. Mitropoulos, il quale ha tracciato un dettagliato affresco dello shipping a metà del secondo decennio del XXI secolo, spaziando dalla questione dolorosa delle vittime della migrazione via mare dei paesi meno agiati alle questioni economiche che affliggono gli armatori oggigiorno.
Il segretario generale dell’International Chamber of Shipping (ICS) Esben Poulsson – che ha confessato candidamente di dover lasciare presto il consesso per essere atteso ad una cena regale con la Monarca di Danimarca… – ha estratto dallo statuto associativo quelle che sono le prerogative della divisione legale (molto impegnata di questi tempi di grande regolamentazione del settore marittimo) della federazione delle varie ‘Confitarma’ nazionali, fondata nel 1921. “Lo shipping è un business globale e quindi per non creare svantaggi competitivi per gli armatori le regole devono essere il più possibile armonizzate a livello internazionale. L’Italia, da questo punto di vista, sconta delle regole specifiche che rendono per gli italiani più difficile la competizione” ha spiegato Poulsson.
L’Ammiraglio di Squadra Donato Marzano, comandante in capo della squadra navale della Marina Militare italiana, ha trovato nel mare il ‘centro di gravità permanente’ dell’umanità: il 70% della superficie del globo è acquea, l’80% della popolazione vive in una fascia radiale a 200 km dalla costa e il 90% delle merci viene trasportato via mare, sicché non deve stupire il fatto che il commercio internazionale marittimo sia in costante e solida crescita.
Lo stuzzicante titolo della sessione “Chi ha incastrato Roger Rabbit?” ha trovato un suo primo indizio nell’individuare nell’OPEC il bizzoso coniglio dell’economia mondiale, a parere di Ugo Salerno, il quale ha ricordato una citazione di Claudio De Scalzi (ENI) secondo cui tutto è cambiato nell’economia americana da quando è stato ‘scoperto’ lo shale gas come combustibile alternativo al tradizionale petrolio. Ma i paesi produttori sono andati avanti per la loro strada nel continuare ad estrarre l’oro nero, quasi in maniera imperterrita, sicuri del fatto loro, nella convinzione di poter mantenere le quote di mercato pompando sempre più petrolio.
Tuttavia il vero vincitore della partita energetica nel mix delle fonti di approvvigionamento mondiale – ha sottolineato il numero uno del RINA – sono le energie rinnovabili (derivanti dall’azione di vento e sole), capaci di crescere a ritmi imperiosi.
A queste parole, la prima reazione di Paolo d’Amico, past president di Confitarma, è stata quasi sardonica: “Dopo le previsioni fatte sul futuro delle fonti energetiche, forse dobbiamo cercarci un altro lavoro?”
L’armatore romano si è detto comunque pronto ad affrontare una rivoluzione come quella industriale occorsa nel XIX secolo che, logicamente, stando al passo dei nostri tempi, potrebbe essere molto più rapida e dai contenuti più drammatici.
La sessione “Oil and Gas market trends” – sagacemente moderata dal brillante avvocato Francesco Bentivegna, partner dello Studio Legale Lauro, già general counsel di ENI per il Kazakistan – si è focalizzata sulle prospettive macroeconomiche in relazione al mercato del petrolio e del gas e alle ripercussioni sullo shipping, coinvolgendo Leo Drollas, già direttore del Center for Global Energy Studies fondato dallo sceicco Yamani; Amedeo Teti, direttore generale per la politica commerciale internazionale del Ministero dello Sviluppo Economico; l’esperto di mercati petroliferi Salvatore Carollo; Nicolò Sartori, Senior Research Fellow dell’IAI Istituto Affari Internazionali.
Da un Lauro (l’avvocato) all’altro (l’armatore con base operative a Monaco): il CEO di Scorpio Tankers e Scorpio Bulkers, meno loquace del solito, ha confutato la correlazione diretta tra prezzi del bunker e ritorni per le compagnie di navigazione.
Dal suo canto Stefano Messina ha annotato come tipicamente il prezzo del barile abbia sempre influenzato il bilancio aziendale. “Alcuni anni fa abbiamo pianificato un grande investimento nella nostra flotta ro-ro seguendo l’onda del business oil & gas. Poi il mercato è cambiato e il 2015 è stato uno dei migliori bilanci d’esercizio per noi fino all’inizio del 2016 quando di nuovo lo scenario si è modificato; come si vede, siamo di fronte a un quadro molto dinamico e a volte imprevedibile, che sfugge alle pianificazioni troppo accurate” ha rilevato l’armatore genovese.
Dalla Lanterna al Vesuvio, Manuel Grimaldi preconizza che il prezzo del barile rimarrà sostanzialmente stabile, almeno per un paio di ragioni: in primis per l’impossibilità di produrre a costi ragionevoli lo shale gas e inoltre per la difficoltà da parte dell’industria a cambiare in grande numero i motori tradizionali in quelli elettrici. “Il vero problema nella produzione elettrica è l’accumulo dell’energia. Dunque non penso che il trasporto marittimo di prodotti petroliferi alla fine verrà ridotto in maniera drastica”.
Stabilendo probabilmente un nuovo primato assoluto – a livello di convegnistica internazionale – di ritardo sulla tabella di marcia, la sessione ‘mattutina’ dedicata all’argomento più stuzzicante “Dove sta andando l’armamento?” è in realtà iniziata a metà pomeriggio, ovvero con tre ore e mezza tonde di differimento, subito perdendo tre degli attesi panelists (Emanuele Lauro, Stefano Messina e Paolo d’Amico), loro malgrado ‘scappati’ in aeroporto.
“L’armamento? è andato a prendere l’aereo” è la battuta scontata che ha logicamente circolato in sala…
Rimasto quasi col cerino in mano, ma senza scoraggiarsi affatto, Grimaldi si è trovato a gestire, col collega ed ex socio Juan Riva (armatore di Suardiaz), la patata bollente di dare una risposta all’inquietante quesito. “Gli armatori sono gli imprenditori che hanno fatto di più per la riduzione delle emissioni di Co2. Malgrado il 90% di tutte le merci nel mondo si muovano sulle navi, per emissioni nocive lo shipping pesa solo il 2,2%. Poi se si decide di tassare le emissioni, si faccia pure, ma tale tassazione deve avvenire per tutti i comparti del trasporto, non solamente per le navi”.
Il numero uno del gruppo ro-ro leader mondiale ha così illustrato i progressi fatti dalle sue diverse flotte (Grimaldi Lines, Minoan, Finnlines, Malta Motorways of the Seas, ACL) sotto il profilo dell’adeguamento tecnologico alle nuove regolamentazioni entrate in vigore, peraltro concludendo con un non troppo rassicurante: “È difficile dire cosa potrà succedere allo shipping tra venti anni”.
Pragmaticamente il collega spagnolo – e anche lui, come l’attuale presidente di Confitarma, Past President dell’associazione europea degli armatori ECSA – ha sinteticamente detto che l’armamento riflette l’andamento generale dell’economia. “Ma lo shipping è capace di reagire in tempi rapidi e non si spaventa delle sfide che lo aspettano; noi armatori saremo perciò in grado di dare al mercato le risposte che si aspetta” ha detto Riva.
La seconda sessione dei lavori ha visto gli interventi del CEO di Ecospray Technologies Guido Ceccherelli e del Research Manager Banchero Costa & C. Enrico Paglia, prima di cedere il pallino a un panel incentrato su “Oil and Gas Transportation and the Environment”, moderata dal CEO di Cambiaso Risso Mauro Iguera, con una relazione di Mans Jacobsson, storico direttore del fondo di compensazione per l’inquinamento petrolifero, sulla sentenza della suprema Corte di Cassazione spagnola nel caso dell’affondamento della petroliera Prestige. A seguire gli interventi di Richard Janssen, direttore commerciale di SMIT Salvage; John Croucher, Head Off-Shore Division di The Standard Club; Helle Hammer, managing director di Nordic Association of Marine Insurers e Tony Baker, Loss Prevention Director del club P&I North of England.
Nel confronto prettamente finanziario sul tema “Cosa è successo alla mia banca?”, moderato da Fabrizio Vettosi, direttore generale di VSL (Venice Shipping and Logistics SpA, primo fondo italiano dedicato esclusivamente allo shipping) e Arturo Capasso, professore dell’Università degli Studi del Sannio, armatori italiani e stranieri e rappresentanti del mondo finanziario hanno discusso del mutevole scenario della finanza marittima nel momento in cui le banche devono fronteggiare le sfide legate alla revisione di Basilea III e sul crescente ruolo dell’institutional debt e degli equity provider, accanto ai private debt fund, nell’individuazione di fonti alternative di capitali per gli investimenti nello shipping.
Tra i partecipanti i partner Deloitte Italia Carlo Laganà e Giuseppe Ambrosio; Michele Autuori di Watson Farley & Williams; il direttore generale di PB Tankers Francesca Romana Barbaro; il managing partner del fondo di private debt RiverRock Roberto Ippolito; Mario Mattioli, presidente della commissione Education di Confitarma e chairman CaFiMa;Andrea Pescatori, amministratore delegato di Ver Capital; Raffaele Rinaldi, responsabile Ufficio Crediti ABI; Francesco Moneta, vicepresidente Lazard; Stefano Sostero, ADMuzinich & Co.; Pierluigi Zagari, direttore esecutivo della Floating NPL; Giuseppe Mauro Rizzo, managing director e CEO di Rizzo-Bottiglieri-De Carlini Armatori e l’armatore greco Yannis Triphyllis.
17/10/15 15:39
La sesta edizione di Shipping and the Law si è sviluppata su due giorni offrendo l’opportunità di un ampio confronto su tutti i temi più attuali per lo shipping italiano e internazionale
Napoli – Emergenza migratoria, ambiente, scenari mondiali, finanza, questioni giuridiche e innovazione tecnologica sarebbero sei macrotemi meritevoli di altrettanti convegni ma l’avv. Francesco Saverio Lauro è riuscito anche questa volta nel miracolo di condensare tutto questo in un convegno unico. È così che anche quest’anno è andata in scena il tradizionale appuntamento di Shipping and the Law, giunto ormai alla sua sesta edizione e sviluppato nell’arco di 48 ore.
Come da tradizione ormai negli appuntamenti di settore, anche questa volta è stata la finanza a scaldare maggiormente gli animi dei panelist durante il confronto. “Follow the Money” era il titolo della sessione moderata da Diego Pacella (amministratore delegato di Grimaldi Group) e introdotta da Fabrizio Vettosi (direttore generale del fondo Venice Shipping&Logistics) con un overview sul mercato dei finanziamenti agli armatori e sulle nuove strade disponibili sul mercato per racimolare capitale destinato a nuovi investimenti. Vettosi in particolare si è soffermato su talune strategie innovative finalizzate a instaurare collaborazioni di lungo termine con i finanziatori, non soltanto con investimenti nel capitale di rischio ma anche attraverso forme innovative di private debt.
In conclusione di questa sessione, cui hanno preso parte fra gli altri Angelo D’Amato (Perseveranza di Navigazione), George Tsavliris (Tsavliris Salvage Group), Gaudenzio Bonaldi-Gregori (PillarstonItal, KKR), Guido Lorenzi (HIG Whitehorse) e Francesco Moneta (Lazard), hanno fatto discutere soprattutto le esternazioni di Giuseppe Rizzo, a.d. di RBD Armatori, che ha esplicitamente accusato le banche di aver portato diverse shipping company italiane a sbagliare strategie d’investimento inducendole in tentazione con un’eccessiva disponibilità di credito.
Il padrone di casa, Francesco Lauro, sul tema si è espresso dicendo: “Occorre progettare delle strutture giuridico-finanziarie che possano apportare nuova equity in soccorso di quelle aziende che, pur essendo strutturalmente sane, soffrono la crisi indotta dal credit crunch e da un mercato troppo a lungo depresso”.
Il pomeriggio del primo giorno di conferenza è proseguito poi con una seconda sessione incentrata sulle tematiche giuridiche, che ha visto gli interventi di rappresentanti di alcuni dei maggiori studi internazionali del settore, tra cui Ince & Co., Hill Dickinson, Watson Farley & Williams, oltre a dirigenti degli uffici legali di grandi società armatoriali, tra cui spiccava Luca Forgione (Scorpio).
A chiusura dei lavori della prima giornata una sessione di dibattiti dedicata ai temi dell’innovazione tecnologica, l’efficienza energetica e le normative in tema di ambiente e sicurezza è stata presieduta da Michele Francioni (COO di Rina Services SpA) e Alberto Moroso (presidente di Atena, Associazione Italiana di Tecnica Navale), con ha visto la partecipazione di esponenti dei maggiori gruppi internazionali che operano nel settore, tra cui Ecospray Technologies, Wartsila – Winterthur Gas & Diesel e MAN Diesel.
I lavori di Shipping and the Law hanno raggiunto il loro culmine durante la seconda giornata di conferenze con l’intervento del presidente di Confitarma, Emanuele Grimaldi, il presidente dell’associazione degli armatori europei (Ecsa) Thomas Rehder, il vicepresidente della International Chamber of Shipping e già presidente degli armatori greci ed europei John C. Lyras, l’attuale presidente degli armatori di Singapore Esben Poulsson. Fra i tanti temi toccati, come si diceva, quello dell’emergenza immigrazione, sul quale Grimaldi si è espresso dicendo chiaramente che, secondo lui, “alle società private che soccorrono i migranti in mare non è dovuta alcuna compensazione economica, perché l’intervento delle navi mercantili non è una soluzione al problema”. I privati non possono e non devono sostituirsi al lavoro delle missioni militari internazionali secondo il numero uno di Confitarma.
Mario Mattioli, vertice di Augusta Offshore, una delle aziende più direttamente interessate da questo fenomeno perché ha diversi mezzi offshore impegnati nelle acque di fronte alla Libia, ha raccontato che pochi mesi fa un loro PSV da 70 metri di lunghezza ha soccorso e caricato 1.350 migranti trasportati poi verso un porto siciliano. “L’emergenza dei migranti sta davvero condizionando il lavoro delle navi mercantili nel Mediterraneo” ha sottolineato Mattioli invocando una rapida risoluzione al problema.
Dopo l’approfondita analisi sui flussi migratori illustrata dalla giovane Diletta Lauro (Università di Oxford), la mattinata di lavori è proseguita con le analisi macroeconomiche e geopolitiche di Lorenzo Banchero (Banchero Costa & C.) e Ugo Salerno (RINA), dai cui approfondimenti è emerso che, seppure la Cina ha rallentato la sua corsa, India e Africa occidentale potranno essere probabilmente le nuove locomotive industriali nei prossimi anni. Il dibattito seguente ha visto riemergere la proposta di Peppino D’Amato (presidente di Perseveranza di Navigazione) rivolta ai P&I Club affinché si coordinino per indurre al phasing out le navi più vecchie di 20 anni. “La differenza fra questa crisi e quelle che ho vissuto in passato – ha detto l’esperto armatore torrese – è che oggi i carichi ci sono, infatti le navi viaggiano tutte piene, nessuna è in disarmo. Ci sono però gli armatori cinesi che comprano per pochi milioni di dollari le navi che una volta andavano in demolizione e le fanno girare sul mercato con equipaggi che costano quasi zero. In questo modo riescono a stare sul mercato lavorando anche con noli bassi e contestualmente deprimono il business per chi ha navi più moderne e costose da mantenere”. Dagli altri panelist è arrivata però una risposta disillusa poiché in molti hanno sottolineato che spetta ai regolatori (Imo in primis) stabilire se e quali siano le normative da applicare al settore dello shipping (non ai P&I e nemmeno ai registri di classifica).
La due giorni di convegni si è conclusa infine con le sessioni intitolate “Managing the Risks” dedicata allo stato dell’arte del settore assicurativo corpi e P&I, e l’ultima intitolata “Looking to the Future” e affidata alla nuova generazione di armatori. Nella prima, come di consueto coordinata e moderata da Federico Deodato (PL Ferrari) e Mauro Iguera (Cambiaso Risso Marine and Aviation), hanno partecipato anche Mariella Bottiglieri (Giuseppe Bottiglieri Shipping Company), Rocco Bozzelli (Scorpio), Alessandro Morelli (SIAT), Marco Poliseno (Poliass) e Giannicola Forte (Studio Legale Lauro). La sessione dei giovani armatori è stata presieduta dal Presidente del Gruppo Giovani Armatori di Confitarma, Andrea Garolla di Bard, e ha visto gli interventi di Yannis Tryphillis (Hellenic Chamber of Shipping) e Giacomo Gavarone (Rimorchiatori Riuniti Spa). Quest’ultimo, concordando con l’analisi macroeconomica del ben più esperto Lorenzo Banchero, ha confermato durante il proprio intervento che “la nuova frontiera per lo shipping, in particolare per quello offshore, è il West Africa”.
La 5° edizione di ‘Shipping and the Law’ (ormai un appuntamento clou per l’industria marittima) organizzato dal vulcanico avv. Lauro in una magnifica cornice ecclesiastica nella Napoli più nascosta, mette a nudo le debolezze del nostro settore
Dal nostro inviato
Napoli – Lo shipping a Napoli entra in punta di piedi in chiesa ma senza essere blasfemo.
Non tanto perché l’edificio – S.Maria di Donnaregina, nel cuore cittadino antico presso Spaccanapoli – che ospita la 5° edizione di ‘Shipping and the Law’ (ormai appuntamento clou per l’industria marittima nazionale), organizzato dal vulcanico avv. Francesco Saverio Lauro, è ormai una chiesa sconsacrata che oggi ospita il magnifico Museo Diocesano.
Quanto perchè è conclamata la sacralità del settore marittimo nell’economia di paesi che sul mare fondano strategicamente un parte di reddito ben più consistente di quello che è il reale contributo al PIL in termini strettamente numerici; si pensi solo alle ragioni di scambio che passano in larghissima misura su navi nonché alla bilancia dei noli in nazioni ‘a tutta costa’ come quella meravigliosa ‘banchina logistica naturale’ che è l’Italia (8 mila km di coste e 144 porti) nonché la ‘mano aperta allungata su mare’ (leggasi la penisola del Peloponneso e l’Attica affacciata sull’arcipelago egeo) che è la Grecia, essendo proprio i due paesi, legati dal luogo comune ‘una faccia una razza’, quelli in vetrina alla kermesse partenopea 2014.
Di fronte, ma accomunati da medesime problematiche alla radice sebbene con risposte spesso diverse e ricetti anti-crisi non automaticamente trasferibili da un paese all’altro, circa 250 operatori di cui quasi tre quarti in rappresentanza della nazione ospitante, come ovvio, e di quella più audace e da sempre capintesta (grazie non solo a un DNA più incline al rischio imprenditoriale ma anche per le notorie agevolazioni organizzative e fiscali di cui gode l’armamento ellenico) nel ranking delle flotte mondiali, specie in ambito dry e liquid cargo.
Preceduto dall’introduzione di due ‘pezzi grossi’ dello shipping europeo come Manuel Grimaldi dell’omonimo gruppo partenopeo e John Lyras (Paralos Maritime Corporation) – entrambi sono stati presidenti dell’ECSA – e sapientemente organizzato dal vulcanico (siamo sotto il Vesuvio…) avvocato marittimista come professione da modello unico ma ormai sempre più a proprio agio nei panni di vero ‘anchor man’ dello shipping tricolore Francesco Saverio Lauro, quasi nulla da invidiare al mitico David Letterman del Late Show trasmesso dalla CBS americana (per la prossima volta suggeriamo la diretta televisiva…)
“L’appuntamento annuale dove si approfondiscono i trend in corso e gli argomenti più ‘caldi’ che l’industria marittima deve affrontare”, come recita (in inglese) lo slogan ufficiale della manifestazione, ancora una volta non ha tradito le aspettative.
Articolato in quattro diversi momenti topici complementari fra loro svolti in quattro location differenti ma tutte assai azzeccate – il workshop sulle eco-ships organizzato dai Giovani Armatori col supporto tecnico di Atena e quello finanziario di Wartsila al Palazzo Du Mesnil; lo speakers’ cocktail party a Villa Doria d’Angri sulla collina di Posillipo; la conferenza alla Chiesa di Santa Maria di Donnaregina col sostegno di Tirrenia, Caronte & Tourist, Ecospray Technologies e Palumbo; infine la cena di gala nell’edificio settecentesco del Teatro San Carlo, presso l’antico Circolo dell’Unione, prospiciente i giardini del Palazzo Reale di Napoli, supportata da CR Marine & Aviation e Smit Salvages – il summit ufficioso dell’armamento italiano è stato arricchito da presenze ragguardevoli.
Una intensa 2-giorni capace di catturare fino in fondo (malgrado la solita inestinguibile pecca dei tempi dilatati ad oltranza; forse ci vorrebbero dei drastici e severi moderatori svizzeri… puntuali come orologi?) tutti i convenuti, anche nella sua formula che sempre si rinnova. Insomma il giochino inventato dal nulla dal professionista napoletano fondatore dell’omonimo studio legale nel 1993 che un bel giorno del 2010 decise di realizzare un evento capace di mettere la Napoli marittima sul piedistallo più alto, funziona a meraviglia.
“Abbiamo solo replicato idee mutuate da altri meeting di settore già di successo: dal Mare Forum di Yannis Koustolas la forma a ferro di cavallo dei tavoli dei panelist, dal forum degli armatori di Tradewinds all’ultimo Posidonia i pulpiti con leggii degli speakers (che a qualcuno più perfido hanno ricordato i concorrenti schierati in piedi dei quiz televisivi)” ha onestamente ammesso l’organizzatore estemporaneo, che si è dato una missione precisa quando ha escogitato il suo evento: unire l‘utile al dilettevole, ovvero fare business networking e inoltre presentare ai ‘forestieri’ tutte le innumerevoli bellezze architettoniche partenopee, alcune quasi segrete e ignote persino agli autoctoni, rivitalizandole tesori inopinatamente nascosti. E anche quest’anno il maritime lawyer più estroso dello shipping italiano (e forse anche a livello internazionale) ha colto nel segno, offrendo ai suoi appagati ospiti le differenti bellezze di ben quattro luoghi quasi magici della Napoli meno nota fuori dalla grotta partenopea.
Ma non è solo la scenografia quasi teatrale a rendere apprezzato ‘Shipping and the Law’ quanto i personaggi di grande calibro come l’immarcescibile decano degli armatori di casa Peppino d’Amato (Perseveranza di Navigazione), autentico ‘re dello shipping cargo tricolore’, cui Lauro ha augurato lunga vita.
Mentre un altro grande saggio, presenza familiare al convegno, il Prof. Francesco Berlingieri, ormai 90enne, quest’anno ha passato la mano al figlio Giorgio, abdicando al tradizionale ma faticoso ruolo di chairman di sessioni delle passate edizioni.
Dunque pensiamo di non sbilanciarci troppo né di peccare di piaggeria non dovuta a rimarcare come ormai sia questo l’evento ‘must’ dello shipping in Italia, che se la gioca pari a pari con il già citato Mare Forum e che opportunamente cade, a livello di calendario, come ideale antipasto all’assemblea annuale di Confitarma del prossimo 15 ottobre.
Lo hanno sottolineato già in partenza due pezzi da novanta come l’armatore greco John Lyras (Paralos Maritime Corporation), il quale ha inoltre perorato la causa dello shipping nostrano dichiarando di sentirsi a proprio agio nella città più ellenica di Italia.
Parole amplificate da quelle dell’attuale numero uno di Confitarma; il presidente Manuel Grimaldi – da ospitale ‘padrone di casa’ – non ha voluto far mancare al collega, e predecessore nell’incarico, i suoi complimenti definendo Lyras il miglior leader di ECSA della storia recente, capace di avviare, sotto la reggenza del Commissario dei Trasporti di fine secolo scorso, il gallese Neil Kinnock, l’attuale politica marittima europea, che poi lui stesso ha governato durante il mandato a Bruxelles.
Un plauso all’organizzazione è arrivato anche dal vice-decano (così si è definito) Peppino d’Amato: “il decano è ancora Aldo Grimaldi” ha voluto precisare l’armatore torrese che ha invitato “a farne ancora di questi convegni!” prima di passare al momento delle osservazioni critiche. “Qui non si salva più nessuno andando avanti così, è la crisi peggiore di sempre” ha premesso come introduzione al proprio ‘progetto’. “Una proposta che indirizzo ai P&I Club qui presenti”. E ce n’erano tanti (Steamship, Standard, UK, Norwegian, North England, Raets Marine, UK Defence) insieme alle compagnie d’assicurazione (Gard, SIAT, Swiss Re, Generali) e ai broker, sia insurance e P&I (Cambiaso Risso, PL Ferrari, Poliass, Marsh) che di compravendita e noleggio (Unitramp, Esposito, RS Platou, Banchero Costa). “Non assicurate più le navi vecchie o fate pagare loro premi altissimi, per indurne i proprietari a demolirle; vedrete che come d’incanto si risolverà il surplus. Questa mossa si deve perlomeno tentare altrimenti non vedo come si possa andare avanti. Non si può più reggere in queste condizioni, perdiamo soldi da tre anni, il carico c’è ma le navi sono troppe davvero e l’ingresso previsto di quelle nuove mi spaventa assai”.
Ma la mozione, decisamente provocatoria, indicata dall’anziano armatore è stata garbatamente respinta: “Non è possibile, capisco le motivazioni genuine della richiesta, ma la soluzione non è pratica, lo dico come broker ma penso che i Club siano allineati alla mia posizione” ha immediatamente replicato a D’Amato il Presidente di PL Ferrari, Federico Dedodato.
Oltre ai due ex presidenti di ECSA, il parterre du roi presentava l’immancabile Ugo Salerno, con al seguito come sempre l’impeccabile staff corporate RINA, tanto simile per l’immagine di efficienza che trasmette a quello di un corpo diplomatico in missione.
Il redivivo Nicola Coccia, pur mantenendo le quote nella società Gestioni Armatoriali e quasi del tutto accantonate le fosche vicende giudiziarie che lo hanno travolto accostandolo ai crack finanziari torresi, ha messo in pista una nuova pregevole iniziativa con valenze inedite sotto il nome di ‘Polo dello Shipping’ (di cui S2S parlerà in una prossima edizione).
Tra gli altri personaggi che contano, Salvatore Lauro che ha presentato i due ‘gioielli di famiglia’ Maria Sole e Maria Celeste, 38 anni in due portati con grande disinvoltura.
Sempre a livello familiare partenopeo, Andrea e Carlo Garolla di Med Offshore e l’intera famiglia di Giuseppe Bottiglieri con le figlie Mariella, Alessandra e Manuela, e il fratello (aziendalmente indipendente) Michele (MIBO Ships), oltre al cugino Giuseppe Rizzo (RBD Rizzo Bottiglieri De Carlini), fisicamente tirato a lucido: “sono l’immagine dello shipping italiano che stringe la cinghia” ha voluto brillantemente ironizzare l’imprenditore torrese.
Oltre a quelli citati, altri armatori presenti erano Maurizio d’Amico (d’Amico di Navigazione), Lorenzo Matacena (Caronte & Tourist), Valeria Novella (Ottavio Novella), Giacomo Gavarone (Rimorchiatori Riuniti) e il pool degli Scotto procidani (Lacina, di Santolo, di Cesare) cui fanno capo le società tra loro affiliate Vena di Navigazione, SDS, Euroshipping, Navemar, Monteverde, oltre ai manager di LGR e di Ignazio Messina.
Sul fronte estero l’esperto Gerasimos Strintzis – un tempo titolare di Strintzis Lines, poi divenuta Blue Star Ferries, quindi ceduta ad Attica (a sua volta non più appannaggio della famiglia Panagopoulos) – è chairman non operativo, ma peraltro assai rappresentativo, di Hellenic Seaways.
Quest’ultima è nota alle cronache italiane perché permane una sorta di braccio di ferro tra le banche, azioniste di maggioranza relativa col 36% (grazie al fatto di avere tramutato in azioni il debito accumulato da alcuni azionisti tra cui lo spregiudicato Vardinoyannis), e Grimaldi Napoli, che intende difendere a spada tratta il suo 33% per non essere schiacciato nella morsa ellenica; il tutto pur considerando come da un punto di vista strategico l’operatore domestico palesemente non interessi il gruppo campano, che tuttavia – essendosi trovato in mano il cerino lasciato da Minoan – vuole legittimamente valorizzare l’asset in suo possesso.
L’altro greco Yannis Triphyllis, discendente di una famiglia di armatori originari dell’isola di Chios ma ora saldamente radicata a Londra, dopo esperienze passate (non tutte esaltanti) nelle società di famiglia del gruppo Gourdomichalis, operea ora con la Ariston di Yannis Xylas, compagnia che vanta un’ultramoderna flotta di 15 bulker eco-ships (12 in acqua e 3 in consegna).
E sempre dalla Grecia proviene il discendente di George Tsavliris, Alexander – stesso nome del cugino che a sua volta è figlio di Andreas Tsavliris – l’altro contitolare di una della maggiori imprese di rimorchio e salvataggio elleniche.
Detto dei diversi registri di classificazione – da quelli che compongono il pokerissimo d’eccellenza BV, RINA, Lloyd’s Register, DNV GL, ABS – ai meno blasonati ma comunque assai richiesti dal mercato come Marshall Islands e Liberian Registry (YCF Maritime), la componente finanziaria ha mostrato le due facce dello shipping advisory: quel ‘rissoso, irascibile, carissimo’ protagonista dei palchi come Fabrizio Vettosi, un assiduo ‘bastian contrario’ capace peraltro di sostenere le sue aggressive tesi controcorrente con numeri e fatti spesso inoppugnabili; e uno dei suoi alter ego più ‘politicamente corretti’ quale Francesco Fuselli, il biondo manager della finanza dotato di aplomb in perfetto stile banchero costa.
A proposito di denari e prestiti dalle banche, le moderne eredi di un ‘mammasantissima’ come Enrico Cuccia (citato nella sua arringa dallo stesso Lauro), alfieri della rinnovata attenzione che Mediobanca presta al settore marittimo, le giovani legali Maria Teresa Iardella e Flavia Pietanesi, newcomer della shipping arena, si sono mosse senza tradire l’emozione dal debutto.
Altri istituti di credito presenti erano esteri – Nord LB, Credit Suisse, ING, ICBC – perché a tenere alto il gonfalone dello Stivale v’era, oltre a Mediobanca, solo il Banco di Napoli (Gruppo Intesa).
Molto numerosi, come spesso accade, i legali di studi italiani – Berlingieri, Mordiglia, Dardani, Siccardi Bregante, Abbate, Porzio, Cimmino Carnevale, Castaldo Magliulo, Morace, Piccinini – e non – Hogan Lovells, Watson Farley Willan, Norton Rose, Clyde & Co., Ince & Co, Legance, Thomas Cooper, BMC Avocats, Hill Dickinson, HBSV Advocaten, Kalogerogiannis Vernicos, Bentley Stokes & Lowells.
Il prof. Carlo Rossello dello studio genovese Bettini Formigari Pericu, ultimamente suo malgrado più impegnato a preparare ristrutturazioni aziendali che non a seguire il finanziamento sotto il profilo legale di progetti di nuove costruzioni, ha messo a punto una procedura di documentazione informatica di supporto alle merci che promette sviluppi interessanti.
E i temi trattati da questo ampio e qualificato consesso? Sempre quelli di massima attualità, in fondo ricorrenti a tutti i convegni di questa foggia, quale che sia il tenore e l’organizzatore.
Prima di tutto le navi moderne di oggi, le ormai famose ‘eco-ship’ con l’improba impresa di dirimere l’annosa questione, eternamente irrisolta (ogni campana ha la sua legittima ragione da mettere in campo) se sia conveniente pagare di più per avere una nave super-performante stato dell’arte e in linea con le nuove regolamentazioni anti-inquinamento?
Ovvero se sia meglio risparmiare puntando sul tonnellaggio second hand adeguatamente ‘retrofitted’ – un po’ come mantenere in vita le vecchie ma indistruttibili e sempre affidabili Vespa, obbligandosi a fare il pieno con una miscela artigianale di benzina verde senza piombo – sapendo che i noli di oggi non sono remunerativi?
E quindi armatori, banchieri ed esperti finanziari si sono confrontati sul ruolo, sempre molto controverso, del private equity nell’industria dello shipping, e su temi come l’accesso al credito e la ristrutturazione delle imprese in sofferenza. La sessione sullo shipfinance moderata da Diego Pacella (CFO Grimaldi Group) ha visto intervenire Jeffrey Pribor (Jefferies), Maurizio Barracco (Banco di Napoli), Christoforos Dimakis (Credit Suisse), Jeffrey Drake (Alix Partners), Arturo Capasso (Università Federico II) e Mark Clough, avvocato esperto di concorrenza (Studio Lauro).
La terza sessione sul rischio presieduta da Mauro Iguera e da Federico Deodato è stata introdotta da una relazione di Mans Jacobsson (ex direttore Oil Pollution Compensation Funds) sul caso Prestige, pietra miliare nel settore assicurativo, con interventi di John Wiik (CEO del Norwegian Hull Club), Maurizio Dardani (Studio Dardani), Patrizia Kern-Ferretti (Swiss Re) e Angelo Ansaldo (SIAT).
Quella conclusiva ‘Build, Buy, Charter’, presieduta da Clive Aston, presidente degli arbitri marittimi londinesi, e dall’armatrice Mariella Bottiglieri, è stata introdotta da una presentazione a cura di Giorgio Berlingieri, vice presidente Comité Maritime International.
Angelo Scorza
Lauro, l’avvocato che mette in riga, amabilmente, i suoi clienti armatori
“Predichi bene, ma razzoli nella stessa maniera?” ha detto schiettamente, senza alcun timore reverenziale, Francesco Saverio Lauro a John Lyras in uno dei suo impagabili siparietti basati su una spontanea capacità d’improvvisazione.
“Forse è la luce divina data da questa chiesa che mi illumina” ha spiritosamente replicato l’esperto armatore greco.
“Beh, allora spero che tu non sia ancora vergine…” ha infine chiosato lo spassoso avvocato partenopeo, che conosciamo da ormai quasi 20 anni, eppure ogni volta riesce a stupirci.
Uomo di grande cultura e britannico sense of humour, con notevole spessore umano, esteta di persone e cose, il legale napoletano è anche noto per essere un grande professionista molto abile nel suo delicato mestiere, ma che non disdegna di intraprendere avventure parallele.
Lo avevamo conosciuto – allora era un illustre Carneade – in una di queste sue prolungate ‘escursioni’, poco dopo la sua elezione nel 1995 alla Presidenza dell’Autorità Portuale di Napoli, concludendo la chiacchierata di lavoro con un divertente pranzo alla trattoria di riferimento dell’ente portuale, la Casetta Rossa; un happening che venne tramutato in una vivace intervista pubblicata sulla prestigiosa testata inglese Fairplay (di cui il sottoscritto è stato corrispondente per 15 anni), che aveva una seguita rubrica chiamata ‘Round Table’ dove il personaggio di turno veniva intervistato tra un piatto e un bicchiere (in vino veritas, si sa…)
Di quella chiacchierata di allora, ancora nitido nella mente di chi scrive e probabilmente anche di chi si leggerà come parte in causa, resta il ricordo di una frase: alla domanda “cosa poteva aver indotto un brillante professionista che non aveva certo problemi di remunerazione a prendersi carico di una patata bollente come la port authority partenopea”, Lauro rispose senza indugi: “Voglio fare qualcosa di importante per la mia città”.
E così, fedele a questo suo motto, il legale sta facendo tuttora esperienza in ruoli diversi, prova ne sia l’organizzazione e la messa a punto d’una macchina complessa come è ‘Shipping and the Law’.
Nella vita privata Lauro, che ha una figlia in studio con lui (Diletta di nome e di fatto), è capace di lasciarsi andare a volte senza limiti. Per chi non lo sapesse, infatti, è anche un ballerino scatenato; memorabile una sua performance, forse alimentata da qualche decilitro di ouzo in corpo, al termine della cena di una Euro-Med Convention a Patrasso di alcuni anni fa.
Già perché Lauro è avvocato di fiducia di armatori in prima linea come il potente Gruppo Grimaldi per conto del quale otto anni fa curò con grande impegno la difficilissima trattativa coi famigerati sindacati maltesi per portare sotto l’ombrello del gruppo campano la tormentata Seamalta, sorta di Tirrenia de La Valletta, diventata poi la Malta Motorways of the seas ad acquisizione avvenuta.
Quella stessa passione l’avvocato marittimista è stato capace di immettere nell’inventare dal nulla il proprio evento, facendolo diventare un clou imperdibile per moltissimi stakeholders.
Un paio di mesi fa egli stesso ci chiamò per chiedere lumi sull’agenda dello shipping nel mese di ottobre così da poter piazzare l‘evento nei giorni giusti, in modo da evitare sovrapposizioni.
Ma ormai la dignità del summit marittimo partenopeo è tale da non temere confronti: Shipping and the Law 2015 farebbe il pieno se anche si tenesse il 1° maggio, il 15 agosto o, restando in ambito di sacralità come in questa edizione appena conclusa, persino il 25 dicembre, ci sentiamo di dire.
Il tutto trovando sempre partner e sponsor d’eccezione (un occhio al bilancio non guasta mai…)
A.S.